NASpI e compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa subordinata di tipo intermittente

Con il messaggio n. 1162 del 16 marzo u.s. l’Inps ha fornito chiarimenti in ordine, fra gli altri, alla compatibilità tra la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI e la titolarità di rapporto di lavoro intermittente, con specifiche sull’applicazione degli istituti del cumulo, della sospensione o della decadenza della/dalla prestazione.

Si riportano le due principali ipotesi esaminate dall’Istituto a seguito di richiesta di chiarimenti pervenuti al riguardo:

A) Lavoratore che richieda la NASpI in relazione al rapporto di lavoro subordinato involontariamente perso e che, contestualmente, risulti titolare anche di un rapporto di lavoro subordinato di tipo intermittente.

1^ ipotesi – Lavoro intermittente con obbligo di risposta: la domanda può essere accolta, ricorrendo i requisiti previsti dall’art. 3 del D.Lgs. n. 22/2015, a condizione che il lavoratore stesso comunichi all’INPS, entro 30 giorni dalla domanda di prestazione, il reddito annuo presunto derivante dal suddetto contratto di lavoro intermittente, comprensivo della indennità di disponibilità. In tale ipotesi trova applicazione esclusivamente l’istituto del cumulo della prestazione con il suddetto reddito complessivo, che non deve essere superiore al limite annuo di € 8.000, e la prestazione NASpI verrà corrisposta nella misura e secondo le modalità di cui agli articoli 9, comma 2, e 10 del D.Lgs. n. 22/2015.

Qualora il lavoratore non comunichi il reddito, ovvero il medesimo sia superiore al limite annuo di € 8.000, troverà applicazione l’istituto della decadenza dalla prestazione.

2^ ipotesi – Lavoro intermittente senza obbligo di risposta: analogamente alla 1^ ipotesi, la domanda può essere accolta ricorrendo i requisiti previsti dall’art. 3 del D.Lgs. n. 22/2015. In tal caso, tuttavia, se il contratto di lavoro intermittente è di durata pari o inferiore a 6 mesi si applica l’istituto della sospensione della prestazione NASpI per i soli giorni di effettiva chiamata.  In alternativa, il percettore di Naspi può cumulare la prestazione con il reddito da lavoro qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro e a condizione che il lavoratore, entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, comunichi il reddito annuo che prevede di trarre dall’attività.

Diversamente, nel caso in cui il rapporto di lavoro intermittente sia di durata superiore a sei mesi, è applicabile l’istituto del cumulo alle condizioni sopra indicate.

B) Lavoratore che richiede la NASpI al termine di un contratto stagionale e che, successivamente, venga riassunto dallo stesso datore di lavoro con contratto di lavoro intermittente (con reddito annuale inferiore a quello minimo escluso da imposizione) per le sole giornate in cui risulti necessario ricorrere a ulteriore manodopera.

In tale ipotesi, poiché la condizione richiesta dall’articolo, 9 comma 2, del D.lgs. n. 22/2015 è che il nuovo datore di lavoro sia diverso dal datore di lavoro per il quale il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI, non trova applicazione l’istituto del cumulo della prestazione NASpI con il reddito derivante da lavoro intermittente.

Pertanto, qualora il contratto di lavoro intermittente sia di durata pari o inferiore a sei mesi si applica l’istituto della sospensione della prestazione nel modo che segue:

1^ ipotesi – Lavoro intermittente con obbligo di risposta, e quindi con indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per il periodo di durata del rapporto;

2^ ipotesi – Lavoro intermittente senza obbligo di risposta, e quindi senza indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per le giornate di effettiva prestazione lavorativa.

By | 2018-03-23T11:10:03+00:00 marzo 23rd, 2018|News|