Tutela del credito professionale

PESARO – 30/07/2013

Tra i principali stravolgimenti determinati dall’abrogazione del sistema tariffario nelle professioni c.dd. regolamentate va incluso senza dubbio anche quello che investe l’impianto del recupero crediti giudiziale del professionista

sinora fondato sulla possibilità di giovarsi della tutela accelerata del procedimento di ingiunzione disciplinato dagli artt. 633 ss. c.p.c. con la sola prova della parcella vidimata dal competente Ordine professionale. La norma del decreto Cresci-Italia che abolisce le tariffe professionali sembra produrre infatti effetti abrogativi anche degli artt. 633, comma 1, n. 3, e, conseguentemente, 636 c.p.c., eliminando la speciale efficacia probatoria prima accordata alla parcella ed equiparando così il professionista a qualunque altro creditore, costretto a produrre in giudizio idonea prova scritta per ottenere la tutela monitoria del proprio credito professionale.
L’art. 633, comma 1, c.p.c., prevede(va) infatti tre ipotesi per l’emissione di un’ingiunzione di pagamento: una generale, quando del diritto fatto valere viene data prova scritta (n. 1) e due speciali, quando il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro abbia prestato la sua opera in occasione di un processo (n. 2) e quando il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti a notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata (n. 3). Abrogate le tariffe, viene meno evidentemente il presupposto su cui tale ultima disposizione fondava la possibilità del professionista di ricorrere al procedimento di ingiunzione e, parallelamente, viene meno anche la necessità di ottenere, ex art. 636 c.p.c., il parere del competente ordine professionale a corredo della parcella, richiesto nell’ipotesi disciplinata dal sopra citato art. 633, comma 1, n. 3, c.p.c. Per questa via, l’esigenza di formalizzare per iscritto il conferimento dell’incarico acquisisce ulteriore valenza, considerando che, in mancanza, il professionista sarà privo di quella prova scritta necessaria – e, secondo talune pronunce giurisprudenziali, forse nemmeno sufficiente senza la prova dell’esecuzione dell’incarico – per l’ottenimento dell’ingiunzione di pagamento. D’altra parte, poiché l’emissione del decreto ingiuntivo è subordinata, ex art. 633 c.p.c., in primis alla liquidità del credito, occorrerà che il contratto di conferimento dell’incarico professionale indichi espressamente e chiaramente l’importo del compenso pattuito con il cliente, salvo per quelle componenti (ad es., Iva) che, in quanto ricavabili in base a criteri prefissati, possono agevolmente essere determinate attraverso una semplice operazione matematica.
Così, sembrerebbe potersi affermare che un contratto scritto tra cliente e professionista scrupolosamente redatto con la precisa indicazione della prestazione dedotta (ad es., redazione di 100 buste paga) e del compenso pattuito (ad es., € 20,00 per ogni busta paga redatta), debitamente sottoscritto dalle parti e dotato di data certa possa costituire idonea prova scritta ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo nel sistema “post abrogazione tariffe”, specie se corredato di copia delle buste paghe redatte o, comunque, della documentazione comprovante l’esecuzione dell’incarico. In difetto di pattuizione scritta del compenso concordato con il cliente, per tutelare il proprio credito, il professionista non potrà che ricorrere all’ordinario e dispendioso – sia in termini di tempi che di costi – processo di cognizione, dove il suo compenso sarà liquidato dal Giudice sulla base non di quanto pattuito con il cliente (giacché, mancando un contratto scritto, mancherà anche la prova della pattuizione), bensì con esclusivo riferimento ai parametri stabiliti a livello ministeriale. Peraltro, si consideri che la totale assenza di prova in punto di misura del compenso del professionista, oltre a ridurre gli strumenti di tutela del credito a disposizione di quest’ultimo, è idonea a incidere anche sulla determinazione ad opera del giudice, visto che, l’assenza di prova del preventivo di massima di cui all’articolo 9, comma 4, terzo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, costituisce elemento di valutazione negativa da parte dell’organo giurisdizionale per la liquidazione del compenso.

Sergio Giorgini

By | 2016-11-03T13:32:56+00:00 luglio 30th, 2013|Eventi|